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P. Attilio

Giornata nera per il Madagascar

Aggiornamento: 22 ott 2020


Nei tanti anni passati qui penso che questa sia tra le giornate più pesante, dura e triste, per non dire disonorante nella storia del Popolo malgascio. Un popolo buono e mite, sorridente e accogliente ha mostrato i suoi artigli. Un popolo che ha sempre fatto della "FIHAVANANA" (l'equilibrio dei buoni rapporti con tutto il cosmo) un segno della sua saggezza ancestrale; un popolo che ha vissuto diverse lunghe e dolorose rivoluzioni quasi senza spargimento di sangue, oggi ha mostrato un volto diverso e ora ne porta le conseguenze di dolore e di vergogna e purtroppo tutto fa temere che siamo solo all'inizia di quello che potrebbe diventare una vera guerra civile e magari anche tribale.

La tensione tra il presidente in carica Marc Ravalomanana e il sindaco di Tana Handry Rojoelina (di soli 34 anni) è incominciata da alcuni mesi, prendendo presto una velocità superiore. Ognuna delle due parti ha voluto aggrapparsi a una cespuglio di verità per coprire una foresta di imbrogli e di interessi. Dalle parole si è passati ai fatti: prima con la soppressione della radio e televisione del Sindaco, di Tanà poi con il suo mandato d'arresto. Risposta immediata: assemblea popolare sulla grande piazza dell'indipendenza a Tana. Prima reazione: distruzione della televisione del presidente e di quella nazionale. In seguito il Sindaco si è auto proclamato capo del governo del Madagascar, accusando l'attuale presidente di una lunghissima serie di frodi e di delitti contro il bene comune della gente. Ne sono seguiti una serie di devastazioni e furti in supermercati di una società di proprietà del presidente, in quasi tutte le grandi città del Madagascar. Già in queste devastazioni ci sono stati dei morti, ma sopratutto a causa di incidenti sui posti dei furti (incendi e tettoie cadute).

Per qualche giorno si è pensato a una possibile mediazione dei Vescovi, ma oggi il Sindaco ha nominato un suo "primo ministro" e insieme, accompagnati dalla folla, hanno marciato per occupare un palazzo governativo dove insediare il nuovo governo. A quel momento abbiamo capito che ERA FINITA! Il corteo si è trovato la strada sbarrata dall'esercito a qualche centinaia di metri dal palazzo; qualche scambio di parole, scaramucce, lanci di pietre, assalto, spari sulla folla e subito una ventina di morti e centinaia di feriti.

Inspiegabile l'incoscienza di un comportamento provocatorio come questo; un comportamento destinato solo a far spargere del sangue inutilmente (se caso mai ci fosse uno spargimento di sangue che si possa giustificare!!). In un istante, oltre a tante vite umane, sono affondati o sono morti la speranza di una riappacificazione, di un avvenire più tranquillo, di una popolo unito. Ora crescerà l'odio della gente contro i militari (e sono i loro figli), di un partito contro l'altro, c'è da temere anche di tribù contro tribù, oltre che tra cristiani e contro i cristiani...

Noi cattolici avremo la nostra parte (il sindaco è cattolico... e quello che ha fatto farà dimenticare, anzi infangherà, l'impegno dell'episcopato per fare incontrare le due parti). Nessuno può prevedere che cosa capiterà domani, ma dobbiamo aspettarci il peggio. I Vescovi in questa situazione, oltre all'impegni di cui ho detto, hanno invitato e richiamato alla moderazione, all'apertura, al dialogo e sopratutto alla preghiera. Domani tutta la chiesa cattolica celebrerà una giornata di preghiera per domandare il perdono e la riconciliazione. Certo il popolo malgascio, e sopratutto i poveri, pagheranno caro, forse con tante altre vite che moriranno di fame, di stenti e di malattia. Forse i malgasci conserveranno ancora un po' del loro sorriso buono... ma in questo momento tutti abbiamo un cuore pesante come un macigno, un macigno che sa di tomba.

foto tratta da nytimes.com

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